Il rapporto di lavoro domestico si contraddistingue come prestazione finalizzata al funzionamento della vita familiare per soddisfare un bisogno personale del datore.
Nel settore del lavoro domestico il datore di lavoro è considerato “atipico” perché, diversamente dai suoi colleghi imprenditori, non è produttore di lucro. Questa specificità lo rende, sotto il profilo fiscale, l’unico soggetto datoriale a non essere sostituto d’imposta.
Chi è il datore di lavoro domestico? Per quanto riguarda la sua identificazione, è possibile affermare che le prestazioni domestiche possono essere rese a favore di tre tipologie di datori di lavoro:
- Persona singola;
- Nucleo o gruppo familiare;
- Convivenze familiarmente strutturate, siano esse religiose o militari.
Mentre abbiamo ben chiaro che una famiglia mononucleare o numerosa può ricoprire la figura di datore di lavoro domestico, ai più è poco comprensibile la qualifica di datore di lavoro domestico attribuita alle convivenze familiarmente strutturate. Ovvero alle comunità religiose e militari che assumono una colf o una badante o un altro collaboratore domestico.
Come si identificano le convivenze familiarmente strutturate?
Possono considerarsi datori di lavoro domestico le comunità di tipo familiare, qualunque sia il numero dei componenti, purché vi sia:
- l’esistenza di un vincolo associativo tra persone non legate da vincoli di coniugio, parentela o affinità;
- la finalità di convivenza per soddisfare le normali esigenze di servizi domestici propri della vita familiare attraverso le attività diretta e personale dei lavoratori addetti;
- la comunanza stabile e continuativa di tetto e di mensa;
- l’assenza di un’organizzazione intermedia avente fini di lucro.
In questo quadro si inseriscono le comunità militari e le comunità religiose.
Possono considerarsi datori di lavoro domestico i seminari e le altre convivenze tra persone non legate da vincoli di sangue, che sostituiscono, sotto il profilo morale e organizzativo, le famiglie di coloro che ne fanno parte, presentandosi come comunità stabile e continuativa di tetto e di mensa, e con assenza di fini di lucro, politico, culturale, sportivo o di svago. L’esistenza di questi requisiti, nel tempo ha consentito di includere nel settore domestico i lavoratori addetti al soddisfacimento dei bisogni di natura personale degli appartenenti a:
- casa famiglia per handicappati;
- comunità per il recupero di tossicodipendenti;
- comunità per l’assistenza gratuita a fanciulli, anziani e ragazze madri;
- convivenza di sacerdoti anziani cessati dal servizio parrocchiale/diocesano.