Tagliare i costi del lavoro domestico per far emergere il nero
La riduzione del costo del lavoro domestico può diventare un vantaggio per lo Stato, perché può contribuire all’emersione del lavoro nero, anche di quello domestico. Lo ha affermato Pasquale Tridico, presidente Inps, in occasione di un’audizione alla commissione Finanze del Senato. L’audizione riguardava il tema della riduzione del cuneo fiscale introdotto nell’ultima Finanziaria che entrerà a regime il prossimo anno. Il Presidente dell’INPS cita proprio il caso del lavoro domestico in cui, afferma, “si avrà un effetto molto positivo per coloro che si trovano sulla soglia degli 8.175 Euro, con una spinta verso l’emersione” e per quelli che si trovano appena sotto la soglia, perché ci sarà “la tendenza a dichiarare un po’ di più”, ha aggiunto.
Dello stesso avviso sono anche le associazioni dei datori di lavoro domestico. Secondo DOMINA, Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico, gli oneri contributivi a carico delle famiglie costituiscono l’ostacolo più rilevante all’emersione del lavoro nero. Una riduzione di questo peso fiscale, insieme ad una maggiore deducibilità della retribuzione di colf e badanti, è una delle proposte contenute nel primo Rapporto annuale sul lavoro domestico, pubblicato dall’Osservatorio nazionale DOMINA.
Lorenzo Gasparrini, segretario generale di DOMINA, sostiene che “il riconoscimento dei costi sostenuti dalle famiglie da parte dello Stato è troppo limitato. Per poter fare emergere questi lavoratori è necessario adottare politiche che alleggeriscano il carico fiscale delle famiglie, riducendo il divario tra il costo di un lavoratore regolare e di uno irregolare”.
Ad oggi il lavoro domestico è uno dei settori nei quali il lavoro nero incide maggiormente nel nostro Paese. Su 2 milioni di colf e badanti stimati in Italia, solo 859mila hanno un regolare contratto. Gli irregolari sono circa 1,2 milioni, più del 58% del totale e una parte di questi non ha nemmeno il permesso di soggiorno.